ADHD

Si sente spesso parlare di Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (definito anche DDAI in italiano o anche ADHD in inglese, da Attention Deficit Hyperactivity Disorder) ed è uno dei più comuni disturbi neurocomportamentali. Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività è una sindrome caratterizzata principalmente da due classi di sintomi: un evidente livello di disattenzione ed una serie di comportamenti che esprimono iperattività ed impulsività. 

SINTOMI

La caratteristica fondamentale dell’ADHD è la persistente presenza di un quadro caratterizzato da disattenzione e/o iperattività-impulsività che interferisce con lo sviluppo e il funzionamento 

I sintomi relativi alla disattenzione si riscontrano soprattutto in bambini che, rispetto ai propri coetanei, presentano un’evidente difficoltà a rimanere attenti o a lavorare su uno stesso compito per un periodo di tempo sufficientemente prolungato.

Solitamente questi soggetti non riescono a seguire le istruzioni fornite, si osserva divagazione dal compito, mancanza di perseveranza, difficoltà nel mantenimento dell’attenzione, disorganizzazione non imputabili ad atteggiamenti di sfida o da mancata comprensione.  Sono disorganizzati e sbadati nello svolgimento delle loro attività, hanno difficoltà nel mantenere la concentrazione, si fanno distrarre molto facilmente dai compagni o da rumori occasionali e raramente riescono a completare un compito in modo ordinato.

L’aspetto dell’iperattività implica invece un’eccessiva attività motoria, questi bambini giocano in modo rumoroso, parlano eccessivamente con scarso controllo dell’intensità della voce, interrompono persone che conversano o che stanno svolgendo delle attività, senza essere in grado di aspettare il momento opportuno per intervenire; i genitori e gli insegnanti li descrivono sempre in movimento e sul punto di partire, incapaci di attendere una scadenza o il proprio turno. Nell’adulto l’iperattività può esprimersi con un’irrequietezza estrema o l’effetto logorante verso gli altri della propria attività.

L’impulsività si manifesta con azioni estremamente affrettate e che avvengono all’istante, spesso con elevato rischio per l’individuo. L’impulsività può esprimere un desiderio di immediata ricompensa, manifestandosi anche con comportamenti invadenti, come interrompere gli altri in modo eccessivo, o prendere decisioni importanti senza riflettere sulle possibili conseguenze nel lungo termine.

Inoltre sembrano non sufficientemente orientati al compito e faticano a pianificare l’esecuzione delle attività che vengono loro assegnate.

Le manifestazioni di iperattività e impulsività sembrano essere attribuibili ad una difficoltà di inibizione dei comportamenti inappropriati.

Si distinguono 3 tipi di disturbo da deficit di attenzione/iperattività a seconda che prevalga l’aspetto di disattenzione, di iperattività/impulsività o entrambi (tipo combinato). La diagnosi viene fatta mediante criteri clinici.

I risultati di recenti studi neurofisiologici sostengono l’ipotesi che l’ADHD comporti un ipofunzionamento dei sistemi catecolaminergici e in particolar modo di quelli che agiscono nella corteccia prefrontale, evidenziando quindi l’importanza del ruolo che i circuiti dopaminergici fronto-striati assumono nella patofisiologia del disturbo.

Studi epidemiologici indicano che il 3-7% dei bambini in età scolare e il 4-5% degli adolescenti e dei giovani adulti, con una proporzione che va da 2:1 a 9:1 tra maschi e femmine.

Esordio e decorso dell’ADHD

L’ADHD esordisce nell’infanzia, non vi è alcuna specificazione di un’età di esordio. È frequentemente identificato nel corso degli anni della scuola elementare, dove anche la disattenzione risulta maggiormente invalidante. Il quadro sintomatologico risulta più stabile nella prima adolescenza, in alcuni casi, però, può presentarsi un peggioramento, con la comparsa di comportamenti antisociali.

In età pre-scolare si evidenzia in modo preminente l’iperattività, mentre nella fascia di età della scuola elementare emerge maggiormente l’aspetto  disattenzione. Nella fase adolescenziale si presentano con minor frequenza i segnali di iperattività, in prevalenza connotati da irrequietezza o impazienza. In età adulta l’impulsività, unitamente alla disattenzione ed all’irrequietezza, può permanere su livelli problematici, pur essendo diminuita l’Iperattività.

Tale disordine, se non trattato, espone al rischio di sviluppo successivo (adolescenza, adulti) di condotte antisociali, abuso di sostanze, difficoltà attentive, familiari, interpersonali ed educative.

Nonostante la visione prevalente in passato che descriveva il DDAI come un disordine limitato alla prepubertà, gli studi prospettici condotti su campioni clinici hanno dimostrato che il DDAI deve essere considerato un disturbo cronico.

Trattamento psicoterapeutico del disturbo da deficit dell’attenzione ed iperattività

I trattamenti cognitivo-comportamentali, unitamente alla somministrazione di stimolanti, sembrano essere le terapie elettive. Tuttavia, rimangono ancora numerosi dubbi circa gli effetti degli psicostimolanti sui soggetti con difficoltà di attenzione e iperattività.

Soprattutto è difficile comprendere e giustificare il 20%-30% di persone che non rispondono positivamente al trattamento farmacologico: per spiegare questi dati trova sempre più considerazione l’ipotesi che esistano sottotipi di ADHD disturbo da deficit dell’attenzione ed iperattività, diversi da quelli riportati nel DSM-IV, che reagiscono in modo differente agli psicostimolanti. Unitamente a ciò bisogna considerare il fatto che sono numerosi anche gli effetti collaterali, quali insonnia, anoressia, cefalea, mal di stomaco e più in generale disturbi gastrointestinali conseguenti all’assunzione (prolungata o meno) del farmaco.

Il trattamento cognitivo-comportamentale va indirizzato simultaneamente verso tutte le aree che risultano essere compromesse e riguardare pertanto le varie dimensioni implicate nel disturbo (cognitiva, emotivo-affettiva, comportamentale, relazionale).

Le procedure di intervento più comuni mettono al centro del trattamento el difficoltà specifiche del minore, proponendo, oltre alla gestione delle contingenze (rinforzi e punizioni) prevista anche nei programmi di natura squisitamente comportamentista, l’insegnamento di varie tecniche tra cui le autoistruzioni verbali, il problem-solving e lo “stress inoculation training” (consapevolezza e controllo delle emozioni in situazioni stressanti). Si rileva inoltre che genitori che possiedono poche strategie di gestione del comportamento del figlio, possono fraintendere i comportamenti del bambino, hanno nei loro confronti aspettative negative e valutano i comportamenti problematici come intenzionali. A ciò si aggiunge la frustrazione con cui vivono la sensazione di perdita di controllo del ruolo del genitoriale. Per tale ragione, uno degli scopi prioritari dell’intervento è quello di modificare la rappresentazione mentale che hanno del bambino, aiutandoli a focalizzarsi sui propri sentimenti, atteggiamenti e risposte comportamentali.

Tra gli scopi dell’intervento con i genitori è possibile indicare:L’individuazione degli stati mentali rispetto all’attaccamento e i corrispondenti pattern comportamentali di accudimento

  • L’accrescimento della capacità di negoziare in presenza di conflitti e controversie
  • La costruzione di una comunicazione efficace
  • La pianificazione di interventi comuni
  • La promozione di regole educative attraverso la contrattazione delle contingenze e del rinforzo

I programmi cognitivo-comportamentali di provata efficacia per l’ADHD prevedono vari livelli d’intervento, non solo quindi il trattamento individuale del bambino e la famiglia, ma anche l’ambito scolastico.  L’intervento indirizzato agli insegnanti (ADHD Teacher Training) ha lo scopo di fornire in una prima fase informazioni necessarie a raggiungere una piena conoscenza del disturbo ADHD. Ciò costituisce un prerequisito importante perché si possa iniziare un riconoscimento degli aspetti positivi del bambino. Diviene centrale in tale ottica fornire agli insegnanti informazioni su una strutturazione dell’ambiente scolastico che tenga in considerazione bisogni e caratteristiche del bambino  iperattivo, per potenziare le sue capacità attentive e gli apprendimenti. Vanno, inoltre, fornite agli insegnanti strategie utili per gestire e modificare i comportamenti disfunzionali, oltre che migliorare le sue relazioni con i coetanei.